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 width=Dante Alighieri è considerato il primo grande poeta della lingua italiana, nonostante già i primi componimenti poetici in lingua volgare risalgono a Francesco d`Assisi e Jacopone da Todi . Dante Alighieri adottò per molti dei suoi scritti la lingua della borghesia comunale colta di Firenze, a cui inserì in modo creativo i gerghi, i linguaggi specialistici, i particolarismi di élite, e le citazioni di lingue straniere che risuonavano nella società del tempo. Dante Alighieri è il simbolo di una cultura di partecipazione che animava la vita dei Comuni: argomento di confronto fu la stessa lingua letteraria da adottare, il De vulgari eloquentia, dove il letterato analizza in modo scientifico la questione del volgare, rivolgendosi in latino ai massimi intellettuali dell`epoca. E così il fiorentino, o più in generale il toscano, viene ancora portato entusiasticamente a esempio di italiano `corretto` nonostante Dante individuasse genericamente nel volgare dei letterati, provenienti da ogni città italiana senza appartenere a nessuna, la soluzione da adottare. Nel Rinascimento, varie correnti si definirono propugnando differenti soluzioni: tra le posizioni autorevoli, quella dei `puristi` riunitisi attorno alla figura di Pietro Bembo (1470-1547), che volevano ripristinare la lingua illustre del Trecento. Pur tuttavia una lingua moderna standard cominciò ad affermarsi nel XIX secolo. Alessandro Manzoni (1785-1873) lottò contro il toscano per conferire al suo stile di scrittura un più ampio fascino `nazionale` nella stesura della sua opera più importante, I promessi sposi . In effetti, ciò che propose Manzoni fu di adottare il fiorentino parlato dalle persone colte: in sostanza, scelse dei personaggi popolari della Lombardia, ambientò la storia in quei luoghi e dopo aver “sciacquato i panni in Arno”, li fece parlare con l`idioma toscano.

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